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Psicodramma analitico in gruppo

Lo Psicodramma analitico è una psicoterapia in gruppo che prevede un alternarsi di discorso verbale e azione.

Questo dispositivo nasce agli inizi degli anni Sessanta nell'ambito della S.E.P.T. (Societé d'Etudes de Psychodrame Thérapeutique) di Parigi ad opera di due psicoanalisti francesi, Paul e Eugenie Lemoine, che riescono nel difficile compito di adattare i caratteri peculiari dello psicodramma classico di Moreno all’intervento analitico freudiano, riletto da Jacques Lacan.

Questo dispositivo viene utilizzato in ambito terapeutico (gruppo di primo livello), come Formazione (gruppo di secondo livello) e come Supervisione (gruppo di terzo livello).

Il gruppo di base

Nello psicodramma analitico il gruppo è considerato in modo peculiare, infatti si parla di una psicoterapia in gruppo. “in” perché il vero protagonista di ogni seduta, anche se gli incontri si svolgono in gruppo, è il singolo partecipante, con il suo bagaglio di esperienze, problemi, potenzialità. Il gruppo rappresenta quindi un ambito protetto in cui ognuno, con le proprie problematiche, grazie anche al confronto con l’altro, ha la possibilità di verificare quali siano le sue reali questioni che lo hanno portato a vivere in modo disfunzionale la propria vita.

Il gruppo, quindi, come cassa di risonanza e come specchio, ma anche come contesto protetto.

Come è fatto un gruppo di psicodramma?

Il gruppo è formato da un numero di persone che varia da sei a dodici, ed è, come noi amiamo dire, “aperto ai quattro venti” nel senso che in qualunque momento possono essere previsti nuovi inserimenti senza preavviso alcuno per il resto dei partecipanti.

I partecipanti si dispongono a cerchio, non vi sono suppellettili, né strumenti.

Gli incontri durano circa un’ora e mezza, e la frequenza è settimanale.

Due terapeuti svolgono, alternandosi da una seduta all’altra, la funzione di animatore o di osservatore. L’animatore con la sua azione discreta (ma presente!) fa in modo che il discorso circoli nell’ambito del gruppo. Non ci sono argomenti pre-determinati: ognuno è libero di parlare di un momento vissuto, di un ricordo, di una sensazione provata, di un sogno…

Il discorso circola da un partecipante all’altro senza un ordine costituito: prende la parola chi desidera farlo, seguendo le proprie associazioni rispetto a quanto ascoltato fino ad allora.

Ad un certo punto l’animatore, in base al suo ascolto analitico, propone ad uno dei partecipanti di “mettere in azione” ciò che ha raccontato: è il momento del gioco. Il gioco si svolge all’interno del cerchio dei partecipanti. Non si usano strumenti, né ci si tocca, ma si mima.

Per il gioco il “protagonista” può scegliere alcuni altri partecipanti per svolgere i vari ruoli. Alla fine del gioco tutti tornano a posto. Sia i partecipanti che coloro che hanno osservato potranno fare alcune riflessioni su quanto visto/giocato.

Alla fine della seduta l’osservatore, che ha mantenuto nel corso dell’incontro una posizione leggermente defilata rispetto al gruppo, offre ai partecipanti alcuni elementi significativi che sono emersi nel corso della seduta. Saranno per ognuno spunti di riflessione, su cui potranno “lavorare” una volta terminato l’incontro e che saranno tornati alla vita di tutti i giorni.

Il gioco: la sua importanza

L’elemento centrale e qualificante dello Psicodramma è il gioco, cioè la “messa in scena” di un episodio raccontato o di un sogno.

Secondo Paul Lemoine il gioco ha il suo prototipo nel gioco del fort-da, “inventato” dal nipotino di Freud e descritto dall'autore in Al di là del principio del piacere.

Secondo Freud il piccolo Ernst, con questo accorgimento, riusciva a sopportare l’assenza della mamma, poiché il rocchetto di filo che lui lanciava lontano e poi riprendeva, lo rassicuravano sulla possibilità di riappropriarsi di ciò che sembrava perduto.

Il gioco dello psicodramma offre qualcosa di analogo: fa sperimentare ad ognuno la possibilità di tollerare delle assenze, delle mancanze; un “esperimento” che nella vita quotidiana è purtroppo precluso.

Infatti, che lo si voglia o no, ad ognuno di noi sono assegnati dei ruoli cui dobbiamo tener conto: non sempre però tale condizione viene vissuta con sufficiente consapevolezza ed equilibrio.

Lo psicodramma analitico consente, gradualmente, di far emergere quale sia il vero desiderio che anima ognuno e quali siano gli elementi che impediscono a tale desiderio di farsi riconoscere e concretizzarsi in un progetto.

Il gioco psicodrammatico, infatti, produce una realtà “transizionale” capace di agire su altre realtà a lei esterne, come la realtà quotidiana, provocandovi trasformazioni.

Indicazioni terapeutiche

Per le sue peculiarità lo psicodramma si è dimostrato come uno strumento flessibile, adatto alle più diverse situazioni cliniche, ma non solo.

Rappresenta infatti una tipologia di intervento adatta a tutti coloro che riscontrano nella vita di tutti giorni disagio e difficoltà a relazionarsi con l’altro , chiunque esso sia: il coniuge, i figli, i genitori, il collega, il capo ufficio.

Le difficoltà con l’altro nascondono a volte disagi che si hanno principalmente con se stessi: bisogna quindi partire da sé se si vuole provare a sciogliere quei nodi che rendono la propria vita un percorso accidentato.

Dal punto di vista clinico, poi, lo psicodramma risulta essere particolarmente indicato per:

- soggetti caratterizzati da difficoltà nella simbolizzazione o nell’utilizzazione del linguaggio verbale, 

- coloro che hanno tratti caratteriali adolescenziali, per i quali l’analisi individuale può risultare più difficile da affrontare,

- pazienti depressi per i quali il “mettersi in gioco” offre l’opportunità di uscire dall’isolamento del pensiero malinconico,

- per pazienti affetti da alcune forme di malattie organiche, poiché si favorisce il ridirezionamento delle energie altrimenti investite sul proprio corpo.

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